lunedì 21 settembre 2020

Quando i conti non tornano

 

Ogni tanto mi intigno, partendo da una sensazione.


Quando ho visto il film “A Dangerous Method” di David Cronenberg la prima volta, ho avuto l'impressione di tante scene slegate le une dalle altre, abitate da personaggi dalla voce spezzata. Anche la storia d'amore e sesso procede per spot, dal suo nascere alla sua fine; solo per spot si capisce che tra i due ci fu anche una grande intesa intellettuale, fatta di interessi condivisi, di studio e scambio teorico.

Così mi sono messa a leggere e sono arrivata a questo libro, che non si riduce certo al racconto di un transfert sfociato in relazione, come alla fine semplifica il film. E' il racconto complesso e completo della vicenda umana di Sabine Spielrein, che solo per un breve periodo fu amante (e l'autore ha comunque i suoi dubbi che davvero ci sia stato qualcosa di fisico e nemmeno lo considera fondamentale) di C.G.Jung.

Ella fu studiosa acuta e interlocutrice attenta e stimolante, non solo per Jung, ma anche per Freud; membro della Società Psicoanalitica Russa, contribuì alla diffusione della psicanalisi in Russia, studiò musica, creò una scuola speciale per bambini, insegnò psicologia infantile all'università di Mosca, e morì (era ebrea) durante un rastrellamento tedesco a Rostov sul Don, presentandosi volontariamente al comando militare dopo che la sorte l'aveva fatta sfuggire all'arresto.

Carotenuto non nasconde, e non vuole nascondere, la simpatia e l'affetto, potrei dire, per questa donna; le lettere e le pagine di diario riescono a farcela vedere affascinante e vivissima, fragile e, allo stesso tempo, sicura della propria conoscenza in materia psicanalitica, creativa, indagatrice. Il tono dolce e fermo, con il quale Sabine Spielrein parla delle sue ipotesi, delle diverse interpretazioni delle idee di Jung e Freud (indagate nei minimi dettagli), la pone su un piano di parità professionale con colui che è stato suo medico e amico e “poeta”. Anche quando si rivolge a Sigmund Freud, il rispetto non rende mai la sua voce lamentosa o eccessivamente succube e sempre rivedicherà la sua lealtà a Jung, pur non rassegnandosi alla rottura tra questi e il suo maestro/"padre" Freud.

La corrispondenza tra Sabine e Carl Gustav dura anni, anche dopo la fine dell'”amore”, e riempie tutte le lacune che ho sentito nel film. Un merito, però, bisogna riconoscerlo alla pellicola: quello di avermi fatto sentire, come dice Aldo Carotenuto nella sua Introduzione, che “i conti non tornavano”. E di avermi portato fin qui.