domenica 25 ottobre 2020

SOS. Uomo in mare

Dopo aver letto alcune altre cose di DFW, dopo aver imparato a riconoscere la sua voce e a seguirlo, senza farmi venire il fiatone, nelle maratone di note a piè di pagina, dopo aver già ricopiato pagine e pagine di citazioni, non sono riuscita liberare l'ancora e a salpare con lui per questa crociera.

 


Mentre leggevo “Una cosa divertente che non farò mai più” ho aspettato per tutte e 151 le pagine di sentire – come lo chiama lui – il click che le sue elucubrazioni argute e agrodolci sanno sempre far scattare... Niente. Forse un pallido barlume, ma niente di che.

E leggere le recensioni entusiastiche del retro di copertina, secondo cui questo sarebbe il testo che ha fatto conoscere l'autore al grande pubblico italiano, mi ha fatto pensare che è come quando un inesperto di cucina emiliana va in visibilio per i tortellini Barilla – se non hai mai assaggiato quelli della nonna, anche un pallido surrogato ti sembra un capolavoro.

Non sono in discussione la bravura stilistica, l'intelligenza o la graffiante ironia con cui sa descrivere nei minimi particolari passeggeri, nave ed equipaggio con annessi rituali e obbrobri di gran lusso, in un vortice di kitsch in costante escalation fino alla cena formale del giovedì – che per inciso è il colpo di grazia per DFW, tanto che dopo uscirà dalla sua cabina solo per scendere finalmente a terra. No, su questa bravura non si discute. E allora, cosa c'è che non va? Mi chiedevo.

Poi ho capito l'origine del fastidio riguardo le recensioni che mi sembravano superficiali e il senso di malessere serpeggiante: per tutta la durata del libro, l'arguzia e la risata che l'autore cerca di strappare, non sono riuscite a nascondere, nella mia testa, la visione di una persona che, mentre prendeva appunti viaggiando su una fantasmagorica nave di lusso, nei momenti migliori si rompeva tremendamente le palle – e credo che questo traspaia - e in quelli peggiori soffriva – letteralmente - augurandosi che la tortura finisse presto.

Forse al grande pubblico di bocca buona può anche sembrare un colpo di genio di puro umorismo presentare una crociera extra-lusso come un'immensa macchina per sconfiggere la morte e la decadenza, e deridere la bovina dabbenaggine di persone mature e, si suppone, mediamente intelligenti, che assecondano l'immenso baraccone galleggiante fatto di entusiasmo, sorrisi smaglianti, divertimento e relax portati fino all'anestesia cerebrale.

Il tragico è che non si tratta di un semplice colpo di genio, o una posa stilistica: è ciò che veramente lui pensava e sentiva con un'angoscia, solo debolmente patinata dal suo sarcasmo.

Del resto credo che il titolo originale sia rivelatore:

A supposedly fun thing...”. In italiano sparisce un avverbio, che renderebbe il titolo più o meno così “Una cosa che SI SUPPONE divertente e che non farò mai più”. E se la massa “suppone”, DFW pensa con la propria testa e nove volte su dieci naviga in direzione contraria.