domenica 3 maggio 2020

Cose che... sul prima, durante e dopo

10 semplici consigli per risparmiare nella spesa | lecomari
Certe volte penso che si potrebbe idealmente tirare una riga al centro del foglio e scrivere, con bella calligrafia, il titolo di due colonne: Cose che facevo (potevo fare) prima. Cose che faccio/devo fare ora (e probabilmente farò per un bel po' di tempo.).
Quando guardiamo la televisione, o ascoltiamo la radio, non manca mai il messaggio istituzionale che ti ricorda cosa fare per combattere il virus. In casa, i miei figli, la chiamano la propaganda: implacabile, insistente, imposta, uniforme su tutte le reti, pubbliche e private.
Con l'effetto collaterale di spingerti a cambiare canale, come una pubblicità fastidiosa.
La presenza del virus ce l'hanno ben presente, e francamente dopo otto settimane in cui stanno reclusi, hanno capito di doversi lavare le mani o coprirsi la bocca quando starnutiscono; hanno capito di dover stare in casa e di dover usare mascherina e guanti quando escono. Hanno capito che non ci si capisce un granchè e che sarà una lunga convivenza.
Come se poi, nel prima, non avessimo già alcune delle abitudini che sembrano decisive in questo momento. Già, appunto; che abitudini avevo, prima del coronavirus, che adesso sarebbero così deleterie? O anche: cosa è cambiato e che nuove abitudini ho ora?
Mi sono messa a pensarci su e ne è emerso il seguente quadro.

LAVARSI LE MANI. Sorvoliamo sulle regole base: mi lavo sempre le mani prima di mettermi a cucinare, indipendetemente da cosa stessi facendo prima; mi lavo sempre le mani dopo esser stata alla toilette. Mi domando: prima del virus qualcuno passava direttamente dal water allo spritz o ai fornelli? A quanto pare, potrebbe...
In macchina ho sempre una confezione di salviette e quando risalgo dopo aver caricato le borse della spesa del supermercato, mi pulisco le mani, perchè ho toccato di tutto (magari due volte: una per mettere la spesa nel carrello e una seconda alla cassa, anzi tre, per poi mettere la merce nelle borse). Paranoia mia. Da adesso, però, guanti; ma questo non toglie che continuerò a lavarmi.
Tastiera del bancomat: ecco, non ho mai usato i guanti, ma di certo non mi sarebbe mai venuto in mente di mettermi le mani in bocca dopo aver digitato il tastierino.
D'ora in poi, ovviamente, guanti.

BUSTE DELLA SPESA. Non ho l'abitudine di appoggiare le borse che prima sono state nel carrello, poi nel baule della macchina, sul tavolo di cucina o, peggio, sui piani di lavoro. Non mi serve il coronavirus per decidere che sono sporche e non è il caso che entrino in contatto con le superfici su cui mangio o preparo da mangiare, ma gli ultimi servizi al tg, in cui ho ascoltato saggi consigli su come e dove mettere la spesa, mi fanno pensare che finora fosse solo una paranoia mia.

COLPI DI TOSSE, STARNUTI E ANNESSI. Notoriamente, prima del coronavirus, nessuno di noi cercava di schermare naso e bocca quando tossiva; così come nessuno di noi si è sfinito ad insegnare ai propri figli a mettersi una mano davanti alla bocca per tossire. 
Viceversa, non ci siamo mai formalizzati se il nostro interlocutore non si preoccupava di usare un fazzoletto, o non cercava almeno di girarsi di spalle, ma lasciava allegramente partire uno starnuto di fronte a noi. Giusto?
Per fortuna adesso c'è il coronavirus che ripristina un po' di bon ton, e ci costringe ad essere civili.

SCARPE. Altro illuminante servizio tg su come sia deleterio e foriero di possibile contagio non togliersi le scarpe in casa. Anche qui scopro altra paranoia di casa mia.
Senza arrivare alla consuetudine cui ci eravamo assuefatti in Cina – dove nell'ingresso metti a disposizione degli ospiti ciabatte di tela, perchè la prima cosa che si fa, arrivando a casa di qualcuno, sulla soglia, è togliersi le scarpe – da sempre giriamo scalzi o in ciabatte e la calzature stanno nell'ingresso. Solo a me fa senso l'idea di pestare in cucina con le scarpe che hanno solcato le strade?Insomma, il coronavirus sta rivoluzionando le regole dell'igiene casalinga, che erano in declino,a quanto pare.

SPESA AL SUPERMERCATO. Sorvoliamo sulle file all'ingresso, che nessuno di noi ha mai visto e che, credo, ci accompagneranno a lungo.
Così come una novità è la voce, gentile ma risoluta, che invita a non sostare nelle corsie e a far presto, per permettere ad altri di entrare.
Anche qui mi viene in aiuto il mio lato un po' orso: da sempre ho una tecnica per far velocemente la spesa e fare lo slalom velocemente tra le persone (cosa che, adesso, ha la conseguenza di far sì che io non intasi le corsie).
Parcheggio il carrello in un punto strategico, possibilmente fuori dal via vai delle persone, poi carico bracciate di prodotti e li deposito. Solitamente in tre o quattro tappe riesco a spuntare tutte le voci della lista e ad avviarmi alla cassa.
In tempi di necessità, questa tecnica mi aiuta, ma posso garantire che se anche le corsie non le intaso io, è sempre presente un esemplare di una specie che potremmo definire Bradipo casalingo (non importa se di genere maschile o femminile) così riconoscibile: andatura leggermente curva, coi gomiti poggiati alla barra del carrello, occhiale a metà naso per scorrere la lista della spesa, avanza lentissimamente, esattamente in mezzo alla corsia, in modo che non si passi ne' a destra ne' a sinistra, e scorre - a mo' di scanner - tutte le scaffalature, guardando e di qua e di là. Quando ne avvisto uno, l'unica è fare dietro front: nel tempo che impiego a finire la spesa, a malapena sarà arrivato in fondo alla prima corsia.
Insomma, il coronavirus non mi ha reso più tollerante o meno insofferente, ma nessuno è perfetto.


Siamo arrivati, però, alla nota dolente. Se una serie di accorgimenti e abitudini, sono abbastanza facili da adottare stabilmente – tanto in parte vanno a sovrapporsi ad abitudini pregresse o a pregresse manie – il distanziamento sociale è refrattario ad ogni sarcasmo.
E' il rospo più duro da digerire, perchè sono due parole che hanno il potere attrattivo di un buco nero. E come i buchi neri inghiottono tutto ciò che entra nella loro sfera.
Distanziarsi socialmente, dove non è possibile, implica il taglio di tante attività: scuola, lavoro, teatro, cinema, divertimenti, sport, concerti dal vivo... Tutto questo è diventato sinonimo di assembrarsi, perciò, interdetto.
Informatica e tecnologia, in parte suppliscono, ma di fatto viviamo sospesi, in attesa di... ri-prendere, re-incontrarci, ri-partire, ri-cominciare... e qui comincia la lista delle cose che NON facevo nel prima.

SCUOLA: capitolo a parte.

LIBRI: le biblioteche hanno chiuso (anche se manca pochissimo alla ripresa dei servizi di prestito) e ho ceduto al prestito digitale. Solo un'altra volta mi ero piegata all'ebook, perchè materialmente non potevo riempire valigie di libri; in questi due mesi, in cui leggere, ancora di più, era un'attività per me essenziale, ho fatto l'accesso al prestito digitale, anche se odio leggere dagli schermi. Più dell'onor potè il digiuno.

CAMMINARE: stop totale, ne ho già parlato. Gli stop, però, ti aiutano a capire cosa conta, e se una cosa ti manca, credo, allora conta veramente e vale la pena aspettare per tornare a farla (che, poi, a ben pensare, questo ragionamento vale anche per le persone, e la quarantena può essere illuminante). Sono reduce da una specie di camminata virtuale, in cui, sommando i km percorsi dai partecipanti all'iniziativa (ognuno rigorosamente a casa sua) siamo arrivati a 1316 km.
Ho aderito sentendomi un criceto in astinenza da ruota: non possiedo un tapis roulant, un balcone o un giardino e ho totalizzato 6km girando attorno al tavolo di sala (12 passi) e facendo avanti e indietro tra sala e cucina (22 passi). Alla fine, però, la soddisfazione di sentire le gambe pesanti è stata la stessa di quando rientro da una sgambata Vignola-Savignano e ritorno. Anche qui: Più dell'onor, potè il digiuno.

FAMIGLIA, AMICIZIE, INCONTRI IN GENERE: sospesi. I mezzi digitali non mancano e ci sono vari modi di tenersi in contatto.
Anche i nonni, chi più chi meno, si è digitalizzato e con la scusa di portare il pane o la spesa, visto che per fortuna, per ora si difendono, non sono rimasti isolati.
Però... però... questo tempo strano che ha sconvolto i ritmi e le conuetudini, ha un impatto diverso su di loro. Allora si cominciano a intravedere debolezze che avanzano, la fatica di adattarsi, persino il rifiuto di prendere atto della realtà o di sottostare a certe regole. Se anche la quarantena finirà, il tempo corre in avanti e, per i tuoi cari – così come per te – non torna indietro. E, virus o meno, le tappe della vita restano le stesse, anche se nel prima, nelle corse e negli impegni frenetici, potevi dimenticarlo o non pensarci. E questo resterà anche nel dopo, che piaccia o no.
Baci, abbracci, strette di mano... ogni contatto sconsigliato, anche tra familiari, soprattutto se c'è qualcuno che continua a lavorare e a incontrare persone diverse.
E mi sono scoperta, durante un film, o un documentario, a guardare le scene in cui si vedono tante persone – fiere, code per entrare ad una mostra, una stazione dei treni, - e a pensare: “Adesso non si può fare, e chissà per quanto”.
Perchè il cuore del prima e del dopo, per me, è questo: uscire e vedere lo scarto impercettibile di chi sto per incrociare, perchè entrambi, dietro le mascherine, abbiamo calcolato di mettere un po' di distanza tra noi.