lunedì 1 settembre 2014

Buona fine e buon inizio

Ultimo giorno di vacanza. Pensavo sarei stata più nervosa, ma forse dipende dal fatto che, in realtà, domani non è il vero inizio della scuola. Iniziano le prime riunioni e scartoffie, ma la vera partenza, quella con le classi, sarà solo il 15 Settembre.
Perciò la sfida è ancora relativamente lontana.
Mi sento incerta e dubbiosa come quando mi preparavo a rientrare al lavoro dalla maternità, dopo la pausa/full immersion in pannolini, pianti, pappe e turbine emotivo post-partum e post-esaltazione genitoriale.
Non posso fare a meno di pensare che insegnare sia una sorta di specialità “sportiva”, nella quale l'allenamento e il fiato sono fondamentali. O forse c'è anche un po' dell'abile pescatore, che sa quali ami ed esche usare e sente al tocco quanto mulinello lasciare andare o trattenere. Be', di qualunque sport si tratti, le lunghe pause possono essere deleterie.
A meno che insegnare non sia come andare in bicicletta, nel qual caso, come si suol dire, una volta imparato non si scorda più. O si dice così del primo amore?
Oltre alla paura di essermi rammollita, c'è anche la consapevolezza che, volente o nolente, 18 mesi all'estero mi hanno un po' cambiato, rendendomi indigeste tante piccole cose che prima accettavo come parte integrante della mia vita. E che adesso, invece, mi vanno un po' strette.
Come si concilierà questo con i rapporti di lavoro, la necessaria diplomazia richiesta dal ruolo, l'ambiente asfittico che la scuola sta diventando grazie alle politiche degli ultimi anni resta tutto da scoprire.

domenica 3 agosto 2014

Mamma li alieni!

Tempo fa una cara amica mi ha detto che, probabilmente, la figlia teen-ager doveva sembrarmi un alieno e io, spavalda, ho replicato che grazie alla mia esperienza a scuola era più un deja-vù quasi esilarante (per la serie: hogiàvistotuttoesocomeaffrontarlo).
In realtà mi rendo conto che siamo solo all'inizio di questo interessante viaggio e forse sono stata TROPPO spavalda.
Ogni, tanto, lo confesso, non riconosco più la mia discendente; o meglio, credo che abbia sviluppato almeno due personalità aggiuntive, che allietano di quando in quando le nostre giornate.
La presenza più ingombrante è sicuramente Ugo il Camionista: cammina con andatura combattiva, mani in tasca, sboccato e litigioso. Gli esemplari di sesso maschile scatenano generalmente il suo turpiloquio/insofferenza, salvo rari eletti che meritano la sua cameratesca compagnia. I pomeriggi possono trascorrere allora nella più completa armonia parlando di manga, computer e programmi annessi, vidoegiochi e affini.
Questa entità abbandona il corpo di quella che un tempo era la mia bambina, nel momento in cui il turpiloquio contagia il pargolo minore, apprendista camionista: allora riemerge la sorella solerte, nel senso che con solerzia si mette ad infamare il fratello piccolo, ricordandogli che non deve dire parolacce.


Saltuariamente fa la sua comparsa Po, Il Guerriero Dragone/Panda pasticcione: il terrore delle tovaglie bianche, disseminatore di macchie, allegro consumatore di Nutella/maionese/gelato/aceto balsamico che lasciano immancabilmente uno svolazzo sui vestiti – quando va bene solo sulle guance o sul mento...
Si muove inconsapevole di limiti e spazi vitali, per cui colleziona lividi/sbucciature/bernoccoli collidendo con superfici piane o appuntite indiferentemente.
Mi sorge adesso un dubbio: sarà per questo che quando noi, dell'era Giurassica, chiedevamo il motorino a 14 anni, i nostri genitori cercavano in tutti i modi di distoglierci dall'insana passione?
Cosa diavolo può combinare Po il Pasticcione su due ruote motorizzate? Interrogativo inquietante, che ora voglio accantonare.
Osservando quotidianamente questa creatura in ebollizione, mi chiedo come le diverse sfaccettature si ricomporranno. L'adolescenza è stata definita con metafore diverse e, sicuramente, qualcuno avrà già usato il paragone di un calderone: perchè questo mi fa venire in mente. Un processo incandescente, una sorta di turbolenta alchimia che tutti abbiamo attraversato e da cui siamo emersi come adulti(?) quali ora siamo.
Mi domando se, e quando, compariranno altre simpatiche presenze e, soprattutto, quali. Perchè lo confesso, Ugo e Po mi stanno simpatici.
Sicuramente più simpatici di Barbie Ommioddiomisièspezzataununghia o della sua amica Diva Guardachevestitoborsascarpefighecheciò.

mercoledì 16 luglio 2014

Pulizie reali e virtuali

Rientro alla base. 
Fine della trasferta. 
Potrebbero essere titoli altrettanto validi. Il fatto è, però, che in questi giorni domina la mia mente l'urgenza di fare ordine, di infilare diligentemente ogni cosa al suo posto – documenti, vestiti, pratiche burocratiche, visite mediche, oggetti sparsi ...
A dire il vero è un po' che sono alle prese con scatoloni e valigie e, ogni tanto – ma solo ogni tanto – avrei voglia di spiaggirami sul divano e contare le travi sul soffitto. Ma non si può. Forza e coraggio.
Nel turbine del riordino ho realizzato che ho lasciato languire anche queste pagine, senza essere riuscita a risolvere in modo per me soddisfacente la migrazione, il travaso dei vecchi post e annessi e connessi.
Per inciso ciò dimostra che devo smetterla di nascondermi dietro l'alibi del tempo, perchè in terra cinese di tempo ne avevo a perdere, ma la lista delle cose NON fatte è lunga assai.
Non riuscendo a portare il vecchio blog qui, ho risolto con un semplice link; così come ho messo un collegamento ai post scritti oltre-Muraglia (e sono in arretrato anche lì...). 
Manca poco altro, ma si può ripartire da qui.

martedì 8 aprile 2014

SPQC

Questa sigla non l'ho inventata io, ma un'amica che vive qui a Suzhou, China. 
Sono pazzi questi cinesi.
Non passa giorno, confesso, che non mi venga in mente; partendo dal presupposto che anche i cinesi, probabilmente, pensano lo stesso di noi, l'ultima occasione in cui mi è balenata in testa è stata quando ho preparato il piatto dei salumi...
Lasciamo stare che è patetico cercare salumi in un posto in cui normalmente non li consumano; il mercato globale fa sì che Casa Modena sia sbarcata in Cina, perciò quando l'astinenza si fa sentire, possiamo pateticamente porvi rimedio.
Tornando ai nostri salumi, oltretutto, mi sono anche avventurata in suolo ispanico, perchè nel market in cui mi trovavo altre marche non c'erano, per cui ho preso un prosciutto spagnolo, avvolto in elegante confezione scura, e me lo sono portata a casa.

In cucina si stava diffondendo il profumo delle tigelle, la tavola era apparecchiata, comincio a tagliare l'involucro e... mi si presenta la visione di cinque – dicasi – cinque buste clone della principale in cui erano avvolte altrettante fette di prosciutto!

Mentre comincio a farneticare di inquinamento, sviluppo sostenibile, pattume che ci seppellirà, protocollo di Kyoto e quant'altro, il mio consorte mi ha fatto notare che è tutta economia che gira: macchine impacchettatrici per produrre imballaggi per gli imballaggi... “Pensa a quanto lavoro, a quanti operai... per ogni singolo prodotto si moltiplica il quantitativo di attività che è richiesta, le operazioni si moltiplicano...” tralascio lo sguardo estatico da production manager e simili...
sarà... ma continuo a pensare: SPQC...

mercoledì 26 marzo 2014

Proprio vero...

Ho trovato su FB questa immagine e mi ha colpito, perchè l'ho sempre pensato anche io che ci sono persone simili a noi, affini, e che probabilmente non incontreremo mai.
E' uno di quei pensieri romantici in cui ci si crogiola aspettando l'anima gemella...
E' uno di quei pensieri su cui si possono costruire storie struggenti e strappalacrime...
Adesso che sono lontano da casa, lo sento ancora più mio.
L'ultimo post che ho scritto riguardo l'espatrio aveva un tono un po' acidulo, mi rendo conto rileggendolo. Il fatto è che avevo una serie di miti, o forse preconcetti, su chi vive all'estero, lontano da casa e mi sono dovuta ricredere e ridimensionare. Soprattutto, per quanto si tenda a sentirsi sicuri entro il proprio piccolo gruppo di connazionali, non per questo vengono meno le differenze personali di carattere e inclinazioni... insomma, non ci si può trovare per forza simpatici solo perchè si proviene dalla stessa Patria.
Lo so, non è un pensiero politicamente corretto, ma è la verità e, in fondo, non c'è niente di male, anzi... non perchè si è all'estero viene meno l'istintivo meccanismo delle simpatie e delle antipatie.
Detto questo, l'espatrio ti restituisce, a sorpresa, una manciata di quelle persone – italiane e non – che sono state seminate a “casso” dal destino o dalle divinità varie, questo lo devo riconoscere.
Così è bello passeggiare per le viuzze del centro della città, in compagnia di un'amica, ad esempio, olandese, scoprire con lei la cucina della parte musulmana della Cina, ridere perchè si riesce a capire che le signore cinesi stanno commentando l'altezza non comune della tua compagna, sguazzare nelle pozzanghere cercando un caffè che non sia Starbucks...
Così come è bello imparare ricette tipiche napoletane da quella che è la preside della scuola in cui fai la volontaria, davanti ad un caffè che mediamente richiede due ore di chiacchiere fitte per essere terminato.
Citando a caso due esempi.
L'anno scorso sono arrivata qui con gli aculei e una disposizione di spirito non proprio serena; preoccupata per l'impatto sui figli, sentendo la mancanza del mio lavoro, sentendomi in colpa per tutto il tempo a disposizione e in colpa per non essere al lavoro... un delirio...
Con le mie tipiche capriole mentali mi dava perfino fastidio avere la possibilità di fare cose, qui, con persone appena conosciute; mentre in Italia trovarsi a prendere un caffè tra colleghe o amiche richiedeva una programmazione di settimane, triangolando lavoro, figli, momenti liberi, consorti, malattie e sfighe varie in agguato...
I mesi sono passati; le ansie si sono placate e così anche gli aculei sono rientrati. Chissà, forse ho assorbito anche un po' di spirito zen - che non guasta in un posto dove con grandi sorrisi spesso nascondono molto bene di non avere capito nulla di quello che stai chiedendo, e quindi non ti arriva il cibo giusto in tavola, oppure il taxi all'ora giusta, o simili- così ho abbandonato molte paturnie, cerco di prendere il buono che si presenta, anche dal lato umano, e proseguo nell'avventura.

domenica 9 marzo 2014

Piano piano...

Piano piano... invece di scrivere, "arredo" il nuovo blog. E' un modo per temporeggiare; in realtà ne avrei di cose da scrivere, cose che mi passano per la testa e anche per lo stomaco -  la mia testa e il mio  stomaco procedono all'unisono e quando va bene in gola mi sale una risata... altre volte si forma un nodo, il magone e sento un fastidioso e familiare pizzicore agli occhi...

In ogni caso, lenta lenta lemme lemme, rimugino e modifico... leggo un po' qui e un po' lì...  oggi ho scoperto come mettere i link ai blog che seguivo. Ho bisogno di ricreare un po' della vecchia atmosfera per sentirmi davvero a casa... il resto verrà...

venerdì 17 gennaio 2014

Pensieri sciolti...

Come i versi sciolti, che si studianoa scuola, ma non sono così poetici, i miei pensieri...
Più come cani sciolti, che zampettano e abbaiano. A metà tra il bilancio e la scoperta... E' un anno - per l'esattezza l'anno è scattato il 3 di Gennaio - che vivo all'estero.
Ritornare qui dopo le vacanze natalizie è stato un po' ritornare a casa, con l'effetto perturbante del sapere di essere partiti da casa.
E' una sensazione strana aprire la porta dell'appartamento e riconoscerne l'odore; sentirlo mio, nostro... non so se capita, ma quando penso a casa mia penso anche agli odori. Qui o in Italia, è lo stesso.
E mai come in questo palazzo di venutno piani si possono riconoscere le case dagli odori: il mio pianerottolo odora di caffè -  a volte di ragù; il piano dei signori tedeschi, a volte, manda profumi di crauti e carne ben cotta; anche dal pianerottolo della signora coreana arriva odore di verza, ma saltata in padella, a fuoco vivo... se in ascensore è salito il signore dell'ultimo piano con la moglie, allora sarà inconfondibile l'odore di tabacco e di profumo fruttato e dolcissimo...
Un anno fa sono partita letteralmente terrorizzata; pensavo che, una volta che i ragazzi fossero andati a scuola, io me ne sarei stata in casa, a studiare, scrivere mail, stirare... cercando di sopravvivere fino all'estate.
Con mia grande sorpresa non ho vissuto chiusa in questo guscio che immaginavo; il corso di cinese, la scuola dei figli, le amiche italiane, le amiche non italiane... e la voglia di vedere la città, la curiosità di uscire da questo quartiere moderno che è l'esatto opposto del centro, dove le vie sono ancora acciottolate e strette, dove ti capita ti trovare il signore che sta facendo a quarti il pollo che si è ucciso da solo, dove se hai fame puoi scegliere tra un'infinità di manicaretti da strada - dalla frutta caramellata, agli spiedini di granchio, al pane fritto o semplicemente frutta fresca...
In questi mesi mi sono accorta che è vero, non si può andare via da se stessi.
Detta in altro modo, vivere all'estero potrà anche lasciare delle tracce, ma ti porti dietro - nel bene e nel male - quello che sei. E da lì si parte a costruire il nuovo, se sai trarre qualcosa dall'esperienza, altrimenti si fanno 10.000 km e ci si ritrova chiusi nello stesso bozzolo di pettegolezzi e piccinerie che pensavo prerogativa dei paeselli da cui provengo.
Il che vuol dire che si possono incontrare persone che trasmettono serenità, riescono a vedere il lato ironico e buffo delle piccole disavventure che ti possono capitare, vivono le inevitabile discordanze con la chinese life comunque con curiosità e umana comprensione.
Oppure si incontrano sussiegosi omuncoli e donnicciole, che disprezzano a prescindere cibo, abiti, persone, aria, terra, cielo... che si ingegnano ad ottenere sconti sulle cure mediche per pietire fatture false da presentare all'assicurazione... che lasciano acceso il riscaldamento/aria condizionata "Tanto paga l'azienda"... insomma varia umanità...
Prima di partire lenivo le mie angosce ripetendomi che non sarei stata un'immigrata, ma un'expat; le parole sono niente, ma contengono anche tutto.
E' vero, sono in terra straniera, ma ci arrivo con l'airbag fornito da un'azienda che ha preparato anche l'arrivo della famiglia, oltre che del lavoratore. La casa, le cure mediche, la scuola... Non parlo cinese, ma c'è sempre qualcuno che per le pratiche burocratiche, il visto, le riparazioni a casa, gli spostamenti in auto, ti affianca e ti aiuta.
Il mio studiare il cinese è un passatempo, sull'onda della curiosità che può essere saziata grazie all'enorme lusso del tempo libero.
Potrei anche non farlo. Potrei addiritttua non parlare nemmeno l'inglese, e appoggiarmi in toto al marito anche per i rapporti con la scuola dei ragazzi. Ma questo non è da me. Devo imparare cose nuove. Devo potermi muovere da sola; era così in Italia, è così qui.
I miei figli non si sono ritrovati catapultati in una classe piena di ragazzini cinesi, a guardare una lavagna piena di caratteri sconosciuti e indecifrabili. Certo hanno cambiato mondo, ma si sono trovati in mezzo a tanti altri ragazzini - per quanto di nazionalità diversa - esattamente nelle loro condizioni: stranieri alle prese con una nuova lingua. Con una nuova scuola e una nuova vita. Non che questo risolva tutto, ma piuttosto che trovarsi ad essere gli unici diversi, trovarsi tra propri "simili" alleggerisce il peso.
Questa scuola, col suo metodo internazionale, i programmi a me sconociuti, le attività interdisciplinari, è stata un bagno di umiltà. Sono un'insegnante, ma in certi momenti non sapevo come aiutare i miei figli. Non capivo nemmeno io i compiti che dovevano svolgere e ho dovuto accettare il fatto che andassero a scuola con le consegne mancanti. Oppure - colmo del ridicolo - scoprire di avere dato delle dritte sbagliate...
Insomma, se mai mi è piaciuto imparare - partendo dal presupposto di avere sempre qualcosa da imparare - qui me ne sato davvero togliendo la voglia!

martedì 7 gennaio 2014

Se dovessi andare su un’isola deserta…

E’ definitivo, se dovessi trasferirmi su un’isola deserta, porterei libri e cioccolato. Mi ronzava in testa questo giochino (Se dovessi trasferirti su un’isola deserta a cosa non potresti rinunciare?) durante le ore di volo per raggiungere nuovamente la Cina.
Trasferirsi in questa moderna metropoli non è esattamente ritrovarsi sperduti  in mezzo al mare, all’ombra di una solitaria palma, lo so; ma il limite implacabile dei 20  (pidocchiosi, aggiungo io) kg, ti costringe a fare un po’ di cernita.
In più ci si mette lo spauracchio della dogana cinese, che ovviamente (ma forse non è così ovvio se ci sono tanto di cartelli promemoria) non accetta sangue  e materiali organici (!), terra, droghe, carcasse di animali (perchè notoriamente tutti si potrebbe imbarcare in valigia il cadavere di criceti/gatti/cani/canarini…) carne e derivati ( e qui ci avventuriamo su un terreno minato, perchè la tentazione del salame, o del prosciutto, è veramente irresistibile per noantri italioti), fromage…
Ordunque, tenendo ben presente questi vincoli, il giorno 2 gennaio vagavo per casa tentando di chiudere i bagagli dopo accurato controllo sulla bilancia, distribuendo i libri miei e dei pargoli nel modo più equilibrato possibile (e per fare questo io ho espatriato un solo, dicasi uno solo, paio di scarpe in più – sacrificio immane, si sappia), quando suona il campanello.
Apro la porta e mi trovo un corriere sorridente dietro un pacco cubico 50x50x50, proveniente dall ridente Baviera… e contenente nell’ordine: 4 scatole di cioccolatini di circa 500 gr. l’una, un pezzo di speck, un intero salame ungherese, due confezioni diripieno ai semi di sesamo per produrre squisiterrima torta tedesca, due rotoli ai semi di sesamo (una chilata in tutto) già preparati. Con grande fortuna dei nostri amici è arrivato tutto quando c’era ancora qualcuno in grado di aprire la porta; con grande patema mio mi sono trovata di fronte al dilemma peso/dogana incombente.
Come è andata a finire?
Passo primo: defenestrare dalle valigie la macchina per l’aerosol, la caraffa filtrante per l’acqua, un pacco di caffè e un vestito mio… ricominciare il balletto pesa/distribuisci.
Passo secondo: non cedere alla tentazione di mettere qualcosa nel bagaglio a mano, che deve passare sempre e comunque attraverso i raggi x.
Passo terzo: a fine viaggio, dopo i controlli dei passaporti, attraversare con nonchalanche il punto dogana dell’aeroporto, trainando i bambini con fare un poco stanco ma sorridente, guardando pure negli occhi una delle guardie che – diciamolo – stava a chiacchierà amabilmente coi colleghi… et voilà… pronti per ricominciare la chinese life… buon anno…