
E' uno di quei pensieri romantici in cui ci si crogiola aspettando
l'anima gemella...
E' uno di quei pensieri su cui si possono costruire storie struggenti
e strappalacrime...
Adesso che sono lontano da casa, lo sento ancora più mio.
L'ultimo post che ho scritto riguardo l'espatrio aveva un tono un po'
acidulo, mi rendo conto rileggendolo. Il fatto è che avevo una serie
di miti, o forse preconcetti, su chi vive all'estero, lontano da casa
e mi sono dovuta ricredere e ridimensionare. Soprattutto, per quanto
si tenda a sentirsi sicuri entro il proprio piccolo gruppo di
connazionali, non per questo vengono meno le differenze personali di
carattere e inclinazioni... insomma, non ci si può trovare per forza
simpatici solo perchè si proviene dalla stessa Patria.
Lo so, non è un pensiero politicamente corretto, ma è la verità e,
in fondo, non c'è niente di male, anzi... non perchè si è all'estero viene meno l'istintivo meccanismo delle simpatie e delle antipatie.
Detto questo, l'espatrio ti restituisce, a sorpresa, una manciata di
quelle persone – italiane e non – che sono state seminate a
“casso” dal destino o dalle divinità varie, questo lo devo
riconoscere.
Così è bello passeggiare per le viuzze del centro della città, in
compagnia di un'amica, ad esempio, olandese, scoprire con lei la
cucina della parte musulmana della Cina, ridere perchè si riesce a
capire che le signore cinesi stanno commentando l'altezza non comune
della tua compagna, sguazzare nelle pozzanghere cercando un caffè
che non sia Starbucks...
Così come è bello imparare ricette tipiche napoletane da quella che
è la preside della scuola in cui fai la volontaria, davanti ad un
caffè che mediamente richiede due ore di chiacchiere fitte per
essere terminato.
Citando a caso due esempi.
L'anno scorso sono arrivata qui con gli aculei e una disposizione di
spirito non proprio serena; preoccupata per l'impatto sui figli,
sentendo la mancanza del mio lavoro, sentendomi in colpa per tutto il
tempo a disposizione e in colpa per non essere al lavoro... un
delirio...
Con le mie tipiche capriole mentali mi dava perfino fastidio avere la
possibilità di fare cose, qui, con persone appena conosciute; mentre
in Italia trovarsi a prendere un caffè tra colleghe o amiche
richiedeva una programmazione di settimane, triangolando lavoro,
figli, momenti liberi, consorti, malattie e sfighe varie in
agguato...
I mesi sono passati; le ansie si sono placate e così anche gli
aculei sono rientrati. Chissà, forse ho assorbito anche un po' di
spirito zen - che non guasta in un posto dove con grandi sorrisi
spesso nascondono molto bene di non avere capito nulla di quello che
stai chiedendo, e quindi non ti arriva il cibo giusto in tavola,
oppure il taxi all'ora giusta, o simili- così ho abbandonato molte
paturnie, cerco di prendere il buono che si presenta, anche dal lato
umano, e proseguo nell'avventura.