domenica 22 marzo 2020

Dittatura o democrazia. E' questo il problema?

Ci sono alcune frasi ricorrenti in queste settimane di epidemia e misure di contenimento:
Siamo in guerra”. “Siamo sotto assedio”.

Sì, nei momenti di sconforto mi sento sotto assedio - guerre e assedi li ho studiati solo sui libri e adesso la sensazione che, da un momento all'altro, le difese possano cadere è molto forte.
Ascoltare il telegiornale, dopo le 18.00, o leggere il resoconto della Protezione Civile è come scorrere un bollettino di guerra: non ci sono nomi, ma i numeri parlano, crescono continuamente.
Le immagini dei veicoli militari che escono da Bergamo, carichi di bare, lasciano senza parole e con un groppo in gola.
Ci sono anche, soprattutto quando si circola sui social, invocazioni al controllo, all'ordine, all'uso dell'esercito, in un'escalation che immancabilmente, porta qualcuno a dire “Certo in Cina ce l'hanno fatta: hanno la dittatura”.
Oppure, viceversa, quando si illustrano i posti di blocco, i controlli, le sanzioni, si insinua che si sia imboccata la china della dittatura, che mina la libertà di circolazione dei cittadini.
Se si segue il ragionamento, allora, l'Italia, in quanto democratica, è destinata a veder fallire tutte queste misure restrittive. In altre parole, noi saremmo strutturalmente incapaci di seguire una regola, perchè democratici?
In democrazia non si riescono ad applicare le regole, dato che ogni provvedimento che limita le libertà sarebbe antidemocratico?
Cosa mi irrita di questo ragionamento? Cosa c'è che mi sfugge e non funziona?
Non riuscivo a capirlo.
Ho visto anche io i numeri dei controlli e delle sanzioni effettuate: il che vuol dire che, per quanto la situazione sia critica, c'è chi non si sente in dovere di rispettare le imposizioni.
Sorpresa: non è che in Cina le regole si rispettino perchè sono una dittatura. Chi pronuncia la frase fatidica lo fa sottintendendo che il Governo ha potuto mettere in atto provvedimenti anche violenti, estremamente lesivi della libertà personale (circolano video di persone letteralmente caricate di peso dalle autorità, dopo essere state sorprese all'aperto, e confinate in campi di quarantena). E noi dovremmo invidiare questo?
I meccanismi che portano a trasgredire i divieti – soprattutto sull'onda del panico – sono gli stessi ovunque; le immagini dei treni parigini, presi d'assalto dopo l'annuncio del lockdown, non sono molto diverse da quelle della stazione di Milano o di altre città del Nord Italia negli ultimi due weekend.
Per spostarsi su un terreno “pacifico”, senza tirare in ballo il Coronavirus: il rispetto della fila non è un optional solo in Italia. Quando vivevo in Cina, avevo imparato a non lasciare mai troppo spazio davanti a me, ad esempio, al supermercato, perchè se no qualcuno si infilava subito. In questo non mi sentivo discriminata come straniera; era un uso comune e il bello era che nessuno litigava o protestava.
Nei musei capitava che i guardiani dovessero riprendere i visitatori, perchè salatavano le transenne messe a regolamentare gli accessi, oppure a protezione di certi manufatti.
Da noi, in Italia, si dice che siamo indisciplinati, o peggio delinquiamo, perchè nessuno controlla e punisce. In Cina c'erano controlli e punizioni, però c'erano lo stesso trasgressori. Quindi?
Io penso che, mettendo da parte i metodi dittatoriali utilizzati, di cui probabilmente non conosceremo mai l'esatta portata – e che francamente non credo siano da invidiare – non consideriamo una caratteristica dei cinesi, che ho percepito molto chiaramente e che deriva loro dalla educazione familiare/governativa (se così vogliamo chiamarla): vengono cresciuti nell'idea che tu debba compiere il proprio dovere, nei confronti della famiglia e dello Stato. Sei un bravo figlio, un bravo lavoratore, un bravo studente, un bravo cittadino e questo reca onore ai tuoi e allo Stato, che tu, così, ricambi per le cure ricevute. Quando penso a cosa può averli sostenuti nella loro battaglia contro il virus, voglio pensare che entri anche questo fattore distintivo.
E noi? Noi che invochiamo la dittatura e consideriamo debole la nostra democrazia, quale è la nostra caratteristica come italiani (a parte la retorica del grande popolo, creativo, artistico etc...)?
Credo che, purtroppo, siamo ignoranti o di memoria corta. D'altra parte, c'è anche rimedio.
Innanzitutto, siamo una democrazia, sì, ma ce lo ricordiamo solo quando dobbiamo invocare i nostri diritti. Giustissimo. Se, però, facciamo uno sforzo di memoria, ricorderemo che questi diritti sono elencati nella Costituzione, che, però, guarda caso, contiene anche i nostri doveri.
La cosa meravigliosa di questo documento è che, nonostante sia stato scritto più di sett'antanni fa, funziona anche in tempi di coronavirus e chi teme il ritorno della dittatura - o al contrario la invoca – dovrebbe rileggersi l'articolo 16:

Ogni cittadino puo` circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanita` o di sicurezza. Nessuna restrizione puo` essere determinata da ragioni politiche”.

Fine. Non è un italiano difficile da capire, ci siamo dentro, tutti, adesso. E lì c'è scritto un DOVERE, poco retorico ma fondamentale in un momento come questo: il DOVERE di rispettare quanto stabilito per motivi di sicurezza e sanità. (Oltre al diritto, da parte dello Stato, di controllare e sanzionare e limitare, nel caso in cui...).
Quando si studiano le guerre mondiali si spiega ai ragazzi cosa sia il fronte interno, cioè la “linea di combattimento” rappresentata dai civili che, con le loro mille mansioni e resistenze, contribuivano alla riuscita della guerra: fabbriche, coltivazioni, rifornimenti, la posta, la sanità, i prestiti, le lettere ai soldati, le calze... Nel frattempo i soldati combattevano in prima linea, o in trincea.
In “trincea”, oggi, ci sono i medici, gli infermieri, i sanitari in genere, le forze dell'ordine, i farmacisti, gli autisti delle ambulanze...
Il cittadino medio come me, come i miei figli, come tutti quelli che se ne stanno chiusi in casa, formano il “fronte interno”, meno d'effetto di un hashtag, più duro da portare avanti.
Ecco cosa non funziona e perchè mi rifiuto di seguire il ragionamento: ci dimentichiamo che la democrazia è a doppio senso. Non possiamo pretendere solo  diritti.
Abbiamo anche dei doveri e chi li ha previsti, aveva la grande certezza che non dovessero più servire i manganelli, perchè tutti si facesse la nostra parte.

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