mercoledì 29 luglio 2020

M. Maneggiare con cura

https://img.libraccio.it/images/9788858780275_0_170_0_75.jpgLa grafica di copertina rende visivamente l'idea dell'immagine che, durante la lettura del libro, si crea a poco a poco nella mente. 


Monumentale, massivo, manovratore, meschino, macho, miserabile... Lui.

La storia dell'avvento del Fascismo, a grandi linee, la conosco perchè la insegno ai ragazzi delle medie; e devo dire che i testi scolastici, tutto sommato, sono abbastanza precisi, per quanto sintetici.

Leggere questo romanzo mi ha aiutato a cucire tra loro gli avvenimenti, colmando i vuoti che, inevitabilmente, vengono creati dalla sintesi dei libri di scuola.

In questo sono fondamentali soprattutto i brani tratti da documenti storici – articoli di giornale, rapporti di polizia, telegrammi di autorità giudiziarie, stralci di discorsi - che fanno da coro alla narrazione. Il racconto si snoda focalizzandosi, di volta in volta, su vari personaggi. Molti sono collaboratori e fiancheggiatori di Mussolini; il suo braccio destro, gli scagnozzi violenti e truci che trasformano in atto quelle che potevano rimanere solo parole: Italo Balbo, Cesare Rossi, Amerigo Dùmini...

Poi c'è D'Annunzio, con tutta la sua retorica decadente e il sogno tenace e assurdo di risarcire l'Italia della vittoria mutilata con la presa di Fiume e la creazione della Repubblica del Carnaro.

Matteotti, cui Scurati dà una voce più mesta e tenace insieme: l'unico che abbia parlato e criticato e pungolato fino alla fine, fino a scatenare l'estrema violenza, sacrificando la vita personale e familiare alla sua passione per la politica onesta e trasparente. Con Matteotti, forse, si lascia quella imparzialità che l'autore dichiara: sono le parti in cui non si può fare a meno di sentire ammirazione, tristezza, umana compassione, filtrare dal racconto.

E, al centro di tutte queste voci, c'è lui, il figlio del fabbro che dalla miseria delle campagne romagnole, arriva alle stanze del potere.

C'è un grande sforzo di obiettività in questo scrivere e, in effetti, in alcuni punti vengono ricalcate le stesse parole dei documenti attorno ai quali viene costruito il capitolo che si sta leggendo. Le impressioni si formano da sole. La successione, ad esempio, di telegrammi che precedono la marcia su Roma, con contrappunto di articoli di giornale, successione che passa da una smentita quasi ilare di qualsiasi ipotesi di sovversione, per poi arrivare a constatare l'avvenuta presa di controllo dei centri nevralgici, è ridicola e tragica insieme e vale più di mille pagine di saggi storici.

Nonostante l'obiettività, la figura di Mussolini giganteggia, o almeno così è sembrato a me e capisco il rischio che questo libro possa essere molto apprezzato dai nostalgici del fascismo: in negativo, certo, rivelandosi trasformista, calcolatore, astuto e sfrontato, abilissimo con le parole (non per niente scrive sistematicamente articoli di giornale e discorsi che sanno blandire e sferzare al bisogno, infiammare gli animi, promettere e voltare elegatemente gabbana), ma comunque un regista d'eccezionale bravura.

Giganteggia, in negativo, e conferma l'idea che mi sono fatta studiando: sarebbe bello poterlo liquidare come un pazzo che ha condotto l'Italia alla rovina – come frettolosamente qualche mio studente fa - ma un pazzo non ha seguito. Al più viene deriso dal villaggio e lasciato solo ad abbaiare alla luna.

In questo caso, però, l'abbaiare di uno è entrato in risonanza con le voci di molti, ha pescato abilmente nel fondo melmoso di una società, di un momento storico caldissimo e caotico e ha saputo promettere sicurezza, ordine, anche grandezza. E molti, per paura, per desiderio di ordine, per interesse, per convinzione o costrizione, hanno risposto.

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