sabato 16 gennaio 2021

Le parole a cui si torna sempre

“Gli dei avevano condannato Sisifo a far rotolare senza  posa un macigno sino alla cima di una montagna, dalla quale la pietra ricadeva per azione del suo stesso peso. Essi avevano pensato, con una certa ragione, che non esiste punizione più terribile del lavoro inutile e senza speranza. […]

Si è già capito che Sisifo è l’eroe assurdo, tanto per le sue passioni che per il suo tormento. Il disprezzo per gli dei, l’odio contro la morte e la passione per la vita, gli hanno procurato l’indicibile supplizio, in cui tuttol’essere s’adopra per nulla condurre a termine. E’ il prezzo che bisogna pagare per le passioni della terra. […]

Sisifo guarda, allora, la pietra precipitare, in alcuni istanti, in quel mondo inferiore, da cui bisognerà farla risalire verso la sommità. Egli ridiscende al piano. E’ durante questo ritorno che Sisifo mi interessa. […] Vedo quell’uomo ridiscendere con passo pesante, ma uguale, verso il tormento, del quale non conoscerà la fine. .. In ciascun istante, durante il quale egli lascia la cima e si immerge a poco a poco nelle spelonche degli dei, egli è superiore al proprio destino. E’ più forte del suo macigno” (Albert Camus, Il mito di Sisifo, Ed. Bompiani1980, pagg. 117-119)

Valerie Honnart. Sisifo felice

L’ho letto l’ultimo anno di liceo, dopo avere battagliato con due romanzi dello stesso autore, letti con amore-odio per i panorami che tracciavano, così lontani da tutto ciò che avevo frequentato fino ad allora.

Ne ho ricavato una sensazione piacevole e terrificante insieme: di sicurezze che crollano, di prospettive che si aprono, di sorpresa e riconoscimento… Come sentire parlare una lingua straniera, ma accorgendosi che il significato arriva lo stesso… Non alla testa; o meglio: ci arriva passando attraverso il cuore, il senso, il sentire…

L’azzardo, nella rilettura, è il rischio di non ritrovare più tutto ciò; o di accorgersi che gli anni hanno cambiato occhi e cuore, fatto crescere – irrigidire – la testa, cosicchè quelle parole sono davvero diventate estranee.

Cosa mi era piaciuto di Sisifo? Cosa avevo assorbito, magari semplificando, estrapolando, forse fraintendendo? L’idea di una dignità che non ha paura del fallimento; anzi, di una dignità che si acquista tanto più può sembrare vana e assurda la battaglia che si sta per affrontare. E che pure è inevitabile… L’essere uomini, deboli e scherniti dagli dei, ma capaci di affrontare a testa alta un supplizio eternamente futile. E’ ancora tutto lì: nel libro. Nelle parole. Nel mio cuore. (18.06.2010)

Questo lo scrivevo veramente una vita fa, sul vecchio blog che allora curavo regolarmente. 

Lo sottoscrivo ancora oggi, perchè queste parole tornano sistematicamente, nelle mie giornate, nei momenti di sconforto, di stanchezza. Mi ci appiglio, le recito, ormai automaticamente, vecchie amiche e, nello stesso tempo, nuove, portatrici della stessa, intatta, sensazione della prima volta che le ho sentite.

 

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