Più che una lettura, un viaggio: lento, faticoso, concentrato. Con la tentazione, a volte, di fermarsi e lasciare perdere, lo confesso.
Questo è uno di quei libri che ho inziato ad amare mio malgrado, un po' come quando conosci qualcuno che, di primo acchito, ti respinge e non trovi simpatico, ma poi, inspiegabilmente, diventa importante e lascia un segno e diventa un punto di riferimento.
La prima impressione che ho avuto è stata quella di leggere, in forma di germe, Anna Karenina, ma è un'impressione - per quanto giusta sotto certi aspetti - sbagliata. E che non rende giustizia al romanzo.
Nell'ordine temporale, questa storia è il primo capolavoro di Tolstoj; Anna seguirà a distanza di quattro anni. Mentalmente ho cominciato a chiamarlo "la mia bibbia", perchè ormai ne ho sottolineato così tanti passaggi illuminanti, ed è uno di quei libri da tenere a portata, per rileggere, compulsare, confrontare, trovare conforto e conferme.
Dentro c'è tutto: la guerra e la pace, ovviamente,e la figura onnipresente di Napoleone, che incombe con le sue decisioni e sviste sulle vite dei vari personaggi che si incontrano. C'è l'amore, il dubbio, la ricerca della verità, il tradimento, le incertezze, la povertà e l'ipocrisia, l'obbedienza e la ribellione, il peccato e la perdizione, così come il sacrificio e l'abnegazione...
Ogni pensiero, slancio, sofferenza sembra che Tolstoj sia riuscito ad esplorarli, inserendoli dopo le lentissime - ma comunque geniali - pagine di storia e tattica militare, quando la narrazione riprende a seguire i diversi protagonisti, ognuno lungo il suo percorso, in un progressivo assottigliarsi delle presenze, fino a che non rimangono - dopo vicissitudini, morti e separazioni - Pierre e Nataša.
Non ho letto critiche, o recensioni, o saggi, per cui sicuramente scrivo cose già dette, o sbagliate, non so.
Ci sono brani di questo romanzo che sono assolutamente attuali, universali si potrebbe dire: le riflessioni sui giochi di potere, i dissidi tra gli alti comandi, la revisione a posteriori delle vicende belliche per dimostrare la genialità di una parte o, viceversa, la sua incapacità.
La ricerca tutta umana, dolorosamente faticosa e struggente, del senso delle cose, della vita e delle sofferenze che si incontra nelle parole del principe Andrej e, ancora di più nelle elucubrazioni di Pierre Bezuchov (molto simili a quelle di Kostja Levin, in Anna Karenina) è senza tempo: autobiografica e universale allo stesso tempo.
La ricerca dell'amore, il fascino del proibito, le lusinghe ingannevoli, le gelosie, il pentimento e la scoperta del vero amore, che si incontrano nelle figure di Nataša, Marja, Sonja e finanche nella frivola figura di Helene coprono tutto lo spettro dei sentimenti e delle esperienze, dividendosi tra diverse figure.
In Anna Karenina Tolstoj fa una scelta e divide in due personaggi, le differenti esperienze che in Guerra e Pace aveva diviso su più figure femminili: l'impressione è che Marja e Nataša vengano riassorbite in Kitty.
Le due giovani, molto diverse, che inizialmente non si amano ma finiscono per legarsi fortemente l'una all'altra, racchiudono in sè diversi valori: la giovinezza, l'ingenuità, lo slancio dei sentimenti puri che verranno coronati e incastonati in un matrimonio d'amore; lo spirito di sacrificio, la capacità di abbandonare il proprio orgoglio, di perdonare, di ammettere i propri errori...
Un'altra parte di Nataša, quella che la porta sull'orlo del tradimento e della perdizione, verrà assegnata e sviluppata in Anna, che ricomprende anche la figura di Helen Bezuchova (non è forse un caso che muoia suicida).
Di tutti i passaggi che ho sottolineato, per chiudere, sceglierei questo:
"... Pierre aveva imparato non con l'intelletto, ma con tutto l'essere suo, con la sua vita, che l'uomo è creato per la felicità, che la felicità è in lui stesso, nella soddisfazione dei bisogni umani naturali, e che tutto il male proviene non dalla mancanza delle cose, ma dal puro superfluo; ma ora, in quelle ultime tre settimane di marcia, egli aveva imparato anche un'altra verità confortante: aveva imparato che nel mondo non c'è nulla di terribile. Aveva imparato che, come non c'è nessuna situazione nella quale l'uomo possa essere pienamente felice e libero, così non c'è nessuna situazione nella quale debba essere infelice e privo di libertà. Aveva imparato che c'è un limite alla sofferenza e un limite alla libertà e che questo limite è molto prossimo: che l'uomo che soffriva perchè nel suo letto di rose c'era un petalo ripiegato soffriva esattamente come soffriva lui ora addormentandosi sulla terra nuda e umida... ora soltanto Pierre aveva capito tutta la forza di vitalità dell'uomo e la forza salvatrice dello spostamento di attenzione che si trova nell'uomo, simile a una valvola di sicurezza in una caldaia, che fa uscire l'eccesso del vapore appena la sua pressione oltrepassa una data misura...
Quanto più difficile si faceva la sua posizione, quanto più terribile era il futuro, tanto più gli venivano lieti e rasserenanti pensieri, ricordi e immagini, che erano indipendenti dalla situazione nella quale si trovava". GUERRA E PACE, ed. Ebook Einaudi, pag. 1460-62
Nessun commento:
Posta un commento