mercoledì 14 luglio 2021

... vi fu piu' massacro che combattimento...






Le parole di Hugo mi sono rimaste in mente. Cosi' come la battaglia di Waterloo rimane impressa nella storia, e nella memoria, ancora oggi, e se ne trovano tracce nella letteratura, nei grandi autori - Hugo, Dumas, Manzoni... ma chissa' quanti sono quelli che non conosco.
E quante sono le testimonianze scritte, di ufficiali, politici, soldati, attendenti... che ha consultato Barbero per restituire una minuziosissima narrazione della giornata fatale del 18 giugno 1815. Effettivamente "La battaglia" e' la ricostruzione precisa, imparziale, documentatissima di un grande massacro, al termine del quale i vincitori non erano sicuri di aver davvero vinto e tra i perdenti, c'era chi non aveva capito che fosse davvero finita.
Dopo tante puntate televisive e conferenze seguite su Youtube, per me e' il primo incontro con un libro di Alessandro Barbero, e non sono rimasta delusa.
Entrare in queste pagine è come riavvolgere il nastro del tempo, fermarsi fuori Papelotte (lontano dall'ultimo corpo di cavalleria napoleonica) o più a nord, alle spalle di Wellington, e prendere un cannocchiale per poi guardare da vicino, sempre più vicino, gli uomini, gli animali, i solchi di fango, le lacrime, l'impalpabile meccanismo di fatalità, colpi di genio e di fortuna che ci hanno lasciato quel gigantesco evento che è Waterloo.
Così si passano in rassegna l'esercito di Wellington e Napoleone, si ammirano gli schieramenti (quasi speculari, considerando che i due generali, tutto sommato, posizionarono le proprie divisioni "alla cieca"), si apprezza la tattica militare che ancora faceva scuola un secolo dopo (quando il fronte non sarà più fatto da squadroni di cavalleria e divisioni varie, schierati su 8 km di linea, ma si impantanerà nelle micidiali trincee), si scopre che Napoleone, il 18 giugno, dopo una notte pressochè insonne, attese quasi fino a mezzogiorno, prima di dare ordini, fece una colazione "a la fourchette" e prenotò al cuoco di campo la cena per le sei di sera... e alla fine, dai molteplici scritti di ufficiali, soldati, testimoni, si sente la voce di chi non si troverà sui libri di storia, ma ha partecipato alla Storia.

"Un fante del I corpo ricordò che al mattino era stata distribuita doppia razione di acquavite; <<con un tozzo di pane saremmo stati benissimo, ma pane non ce n'era. Si può immaginare di che razza di umore eravamo. Molti dicono che eravamo entusiasti, e che tutti cantavano, ma è una menzogna. Marciare tutta la notte senza razioni, dormire nell'acqua, senza il permesso di accendere un fuoco, e ora prepararsi per affrontare la mitraglia, levava qualsiasi desiderio di cantare. Eravamo solo contenti di estrarre le scarpe dai buchi in cui si seppellivano a ogni passo; gelati, come eravamo, e fradici dopo aver attraversato il grano bagnato, anche i più coraggiosi avevano l'aria scontenta. E' vero che le bande reggimentali suonavano marce, che le trombe della cavalleria, i tamburi della fanteria e i tromboni si sovrapponevano e facevano un effetto grandioso; ma quanto a me, non ho sentito nessuno cantare a Waterloo>>". ALESSANDRO BARBERO, La battaglia. Storia di Waterloo, Laterza, 2003, pag. 71-72


1 commento:

max ha detto...

Qualche mese fa ho finalmente letto "Guerra e pace" di Tolstoj (mi sto dando alle letture di migliaia di pagine). Egli in modo abbondantemente distaccato e da maestro smonta decisamente il mito di Napoleone...

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